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Per Aspera Ad Veritatem n.19
Best Truth
Intelligence in the Infomation Age

Bruce D. Berkowitz e Allan E. Goodman - Yale University Press, New Haven and London, 2000





Nessun aspetto della società e dell'economia sta mutando tanto rapidamente quanto il mondo dell'informazione, e la comunità dell'intelligence americana è fortemente influenzata da questi cambiamenti. Questo, in estrema sintesi, il pensiero degli Autori del testo, Berkowitz e Goodman, i quali forti della loro trascorsa esperienza nella CIA (attualmente dedicano il loro impegno l'uno alla scrittura e ad attività di consulenza, e l'altro all'insegnamento presso la School of Foreign Service della Georgetown University) hanno messo a frutto tutto il loro expertise nel settore dell'intelligence, iniziando a progettare questo libro circa sei anni fa, per presentarlo nella loro prefazione come "il manifesto" dell'intelligence nell'età dell'informazione.
Muovendo dal concetto base di "intelligence come informazione", viene sottolineato il cambiamento, rispetto al passato, del modo in cui le informazioni vengono gestite, prodotte ed utilizzate. A fronte di tale cambiamento, secondo gli Autori, è necessario che la comunità dell'intelligence americana cambi radicalmente il suo modus operandi. Seguendo uno schema, definito dagli stessi Berkowitz e Goodman, provocatorio, suggeriscono nuove idee per la pianificazione dei programmi e l'organizzazione dell'intelligence, soluzioni alternative e nuovi approcci per lo svolgimento dell'analisi e della raccolta informativa. Queste proposte alternative traggono ispirazione dal settore commerciale privato che, secondo gli Autori, si muove seguendo le medesime dinamiche del mondo dell'intelligence.
Il modello burocratico, statico, fortemente centralizzato, era in grado di contrastare la minaccia russa durante la Guerra Fredda, poteva produrre un prodotto standardizzato, attraverso l'applicazione di un metodo predefinito. Tale modello non è più applicabile alla realtà odierna, che vive la cosiddetta "information revolution", in un mondo in cui gli scenari sono in continuo mutamento e i "consumatori" dell'intelligence (politici, centri decisionali e militari) vogliono sempre più prodotti tagliati su misura.
Da qui nasce l'esigenza di un sistema di intelligence flessibile, basato su una rete capillare, estremamente adattabile e fluida, in grado di riconfigurarsi, di volta in volta e a seconda delle necessità, per fronteggiare minacce che appaiono e scompaiono dagli angoli più inaspettati della terra. La comunità dell'intelligence dovrebbe poter contare, al momento necessario, secondo gli Autori, su esperienza, competenza ed informazioni, da qualsiasi parte provengano, senza barriere di organizzazioni, ed essere in grado di mantenere molteplici canali di comunicazione. Le risorse (uomini, mezzi e informazioni) dovrebbero potersi spostare liberamente, configurandosi in una serie di reti di analisti e raccoglitori di informazioni, idonei a risolvere il problema del momento, a prescindere dalla struttura di provenienza. Sostanzialmente, all'interno delle stesse strutture dovrebbero esservi degli automatismi "logistici" in grado di assemblare le risorse migliori, necessarie ad assolvere ad un determinato compito.
Il modo migliore per garantire che il prodotto dell'intelligence incontri l'esigenza del "consumatore" è di stabilire un contatto tra "produttore/analista" e "consumatore", favorendo l'interazione, per far sì che il prodotto sia tagliato a misura della richiesta.
In un auspicio di nuova progettazione dell'intelligence, non poteva mancare un riferimento alle fonti, strumento necessario e fondamentale di ogni attività di intelligence. Gli Autori riportano i risultati di una ricerca effettuata da un'apposita commissione da cui emerge che circa l'80% dei dati utilizzati dalle agenzie di intelligence americane provengono da fonti aperte. Un modo molto soft ma, indubbiamente, inequivocabile, per dire che i tradizionali sistemi di acquisizione delle notizie sono ormai superati. All'interno delle strutture, dovrebbe esserci un meccanismo che indirizzi gli analisti "automaticamente", prima di ogni altra strada, verso le fonti aperte.
Le soluzioni alternative proposte da Berkowitz e Goodman aprono la via a varie riflessioni e sono certamente discutibili, ma rivestono comunque il pregio di toccare uno dei problemi che è attualmente al centro del dibattito sull'intelligence del XXI secolo. Spie e informatori addio? No, sicuramente, ma per ciascun operatore dell'intelligence si immagina un ruolo specifico, per cui la fonte aperta diventa l'interfaccia delle notizie che, secondo la migliore tradizione delle spy-stories, spie e informatori riusciranno ad ottenere sul campo.



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